Sumi-e

Oggi voglio parlarvi del sumi-e, una tecnica pittorica tradizionale giapponese che ho scoperto solo nell’aprile del 2012. Attraversavo un periodo un po’ difficile e due miei amici mi avevano invitata ad una giornata di pittura all’aperto, sulle colline del Monferrato. Ad organizzare la giornata era Shozo Koike, colui che poi è diventato il mio maestro di sumi-e.
Shozo Koike tiene lezioni di sumi-e nella zona di Casale Monferrato e di Alessandria e per questo ho dovuto spostarmi per poter seguire il suo corso, ma ne è veramente valsa la pena. Studiare sumi-e significa aprire gli occhi su un modo completamente diverso di intendere la pittura.
La precisa diluizione (usuzumi) dello speciale pigmento (sumi), la meticolosa preparazione dell’inchiostro al fine di ottenere le giuste gradazioni (chio boku) nel pennello, la paziente ripetizione di forme solo apparentemente semplici (come quella del bambù, ma anche semplici linee) per apprendere e automatizzare il gesto perfetto, lo studio di una composizione e l’importanza della conservazione dello spazio bianco, libero, nel foglio… Tutto è completamente diverso, nel sumi-e, da come lo conosciamo nella pittura occidentale.
La pittura sumi-e, nata in Cina più di duemila anni fa, ma di cui sto studiando la variante giapponese, viene realizzata utilizzando pochi materiali, semplici ma allo stesso tempo pregiati: uno speciale pennello in grado di trattenere al suo interno diverse gradazioni di nero, il sumi, l’inchiostro, da usarsi in varie diluizioni, e la carta giapponese, ricavata dal gelso o da altre piante simili e caratterizzata da una notevole assorbenza.
In realtà, esistono vari tipi di pennelli e materiali, ma all’inizio non serve altro per imparare: un pennello, del sumi e della carta.

Una caratteristica del sumi-e è la diligente preparazione del pennello affinché, come detto, contenga più gradazioni. In seguito, molto particolare è il gesto: semplice, pulito, unico. Nel sumi-e non è consentito ripassare una pennellata, correggere un tratto o rimetter mano a un’immagine già tracciata: tutto si basa sulla perfezione del gesto e sulla sua immediatezza e spontaneità.
Fare sumi-e è come meditare. Non c’è spazio per ripensamenti, ritocchi, correzioni: fare sumi-e significa abbandonarsi alla spontaneità del gesto pittorico… ed esiste un solo modo per riuscirci: smettere di pensare, imparare a essere nel qui e ora e rilassarsi, lasciando che l’arte scorra attraverso noi.
Probabilmente non sarò mai una grande artista, ma la pittura sumi-e mi fa stare bene… e questo è ciò che importa.
Per chi fosse interessato a conoscere il maestro Shozo o a partecipare ai suoi corsi, sono stata autorizzata a pubblicare il suo indirizzo email: shozokoike@gmail.com 🙂

Autore

Emanuela Angius