Tokyo: il racconto di Romina e Gianpiero

Giovedì 5 Dicembre 2013

Arrivo a Narita in tarda mattinata: scesi dall’aereo facciamo i rapidi controlli allo sportello di immigrazione (dove ci viene timbrato il passaporto), ritiriamo i bagagli e poi via! Alla ricerca del treno (il Keisei Access Express) che ci porta direttamente ad Asakusa. Arrivati ad Asakusa verso le 13 ci dirigiamo verso l‘Hotel Chisun Inn, a pochi metri dalla fermata della metropolitana. Qui lasciamo i bagagli e, dato che il check-in è alle 15, ci dirigiamo verso il tempio Senso-ji alla ricerca di qualcosa da mangiare. Anche se la fame incalza però non possiamo resistere e veniamo inevitabilmente inghiottiti dalla fiumana di persone che scorre a Nakamise Dori, la via piena di negozietti di dolciumi, cibi tipici e millemila souvenir che porta al grande tempio buddista Senso-ji. Dopo aver visto tutti i documentari, i video e le guide possibili su Asakusa ora ci sembra quasi un sogno essere qui, vedere con i nostri occhi le signore che fanno spese in kimono, i ragazzi con le divise della scuola, e in fondo, tra i fumi dell’incenso, il bellissimo tempio con la sua Porta del Tuono, l’enorme lanterna, la pagoda… Quindi mettiamo ancora una volta a tacere i sinistri brontolii dei nostri stomaci ed esploriamo il complesso, dove oltre alla porta monumentale, alla struttura centrale e alla pagoda ci sono da scoprire mille piccoli altari, statue, ponticelli in pietra, ruscelli con le carpe… Nell’area centrale due file di casette in legno ospitano gli oroscopi e i venditori di quelli che sembrano talismani. Ripromettendoci di tornare ad esplorare a pancia piena ci avviamo verso le viuzze laterali al tempio, piene di negozietti e ristoranti, e veniamo attirati da uno in particolare che vende delle specie di polpette. Senza neanche sapere cosa c’è dentro e fidandoci del profumo (…e della nostra fame!) prendiamo una porzione abbondante e, bacchette alla mano, le spazzoliamo in men che non si dica… nonostante fossero laviche! Erano buonissime, e abbiamo scoperto dopo che si trattava dei takoyaki, polpettine fritte al polpo, tipiche di Osaka. Ancora con le papille gustative in visibilio ci dirigiamo in hotel, facendo una tappa al Family Mart lì vicino per fare un po’ di spesa: onigiri e daifuku (per realizzare subito i desideri repressi dalla nostra infanzia vissuta tra i cartoni animati), e altri giappo-viveri che divoriamo appena arrivati in camera. Dopo un’oretta di riposino, per niente scalfiti dal tanto temuto jet-lag, usciamo e prendiamo la metro per Shibuya. Qui prima di uscire dalla stazione continuiamo quella che sarà una costante del viaggio: assaggiare tutto quello che propongono i chioschetti che incontriamo… quindi questa è la volta di un delizioso dolcetto di fagioli venduto da una bancarella tutta rosa e molto kawaii. Dalla vetrata della stazione osserviamo il celeberrimo incrocio di Shibuya, con la sua marea di formichine che attraversano in tutte le direzioni, e poi usciamo per andare a rendere omaggio ad Hachiko. Facciamo un giro per le luccicanti vie del quartiere, piene di negozi super trendy, di musiche e di ragazzi, e ci facciamo una prima idea della Tokyo luminescente, colorata e brulicante che avevamo immaginato per mesi, durante i preparativi per il viaggio. Dopo la passeggiata a Shibuya rientriamo ad Asakusa e ci concediamo una passeggiata in notturna per il quartiere e nel tempio, davvero suggestivo così vuoto, silenzioso e dominato dalla pagoda rosseggiante. Rientriamo in hotel ancora frastornati ed increduli per la giornata appena trascorsa, e crolliamo a letto.

Tempio Sensoji

Venerdì 6 Dicembre 2013

Oggi bellissima giornata di sole! Visitiamo Ueno e il suo parco. Per prima cosa però facciamo il biglietto giornaliero per la Metro. Questo era uno degli aspetti che più ci preoccupava prima di partire: speravamo non fosse difficile barcamenarsi con le macchinette automatiche e le istruzioni in giapponese, e infatti il Giappone comincia a farsi amare anche così, rendendo semplice, intuitiva ed immediata ogni cosa. Prendiamo quindi la metro che ci porterà a Ueno. Usciti dalla stazione rimaniamo un po’ straniti dall’esterno: siamo praticamente sotto una serie di cavalcavia e non capiamo subito dove dirigerci. Dopo un po’ di esitazione però troviamo la direzione giusta e arriviamo all’ingresso del parco… da qui in poi sarà un susseguirsi di scoperte e sorprese che ci cattureranno al punto di farci dimenticare di mangiare. Dopo una visita al tempio Kiyomizu Kannon-do, all’ingresso, proseguiamo fino allo stagno, pieno di fiori di loto secchi e anatre, e all’isolotto che ospita il tempio dedicato a Benten, e poi fino alla zona del laghetto. Qui per 600 ¥ noleggiamo un fantastico cigno-pedalò rosa e ci godiamo una pausa navigando al sole, circondati da un paesaggio per metà verde e per metà di grattacieli davvero suggestivo. Una volta sbarcati dal nostro cigno ci accorgiamo di non aver neanche fatto colazione dalla frenesia, e ci mettiamo alla ricerca di un distributore automatico di bibite. Qui facciamo un errore di cui portiamo ancora il ricordo: spinti dallo spirito di emulazione (lo bevevano tutti!) prendiamo un thè verde freddo… mai l’avessimo fattooo! Bleah, sapeva di brodo di cicoria! E vabbè… continuiamo il nostro giro del parco, che ci porterà alla scoperta di tanti piccoli templi (uno in particolare, il santuario di Yushima Tenjiin, frequentato dagli studenti prima di interrogazioni o esami), fino ad arrivare al Museo Nazionale. Il Museo è molto interessante, anche se lo visitiamo senza una guida e quindi ci perdiamo sicuramente moltissime cose. Ci colpisce ad un certo punto, tra un ambiente ed un altro, una sala bellissima, con pareti luccicanti, due divanetti dove riposarsi ed una grande vetrata che da su un giardino di una bellezza incantevole: su un laghetto immobile si specchiano cespugli e alberi negli incredibili colori dell’autunno giapponese. Terminata la visita al Museo usciamo e scopriamo che il giardino che abbiamo intravisto è visitabile (ancora solo per pochi giorni!) e che ospita delle antiche abitazioni tradizionali giapponesi. La passeggiata al suo interno è uno dei ricordi più belli del viaggio: le piante avevano colori che per noi erano una novità assoluta, incredibilmente vivaci e disposti ad arte in un modo che lasciava senza parole. Nei pressi delle casette tradizionali un gruppo di signori anziani in gita ci cattura e ci spiega in esauriente giapponese come si viveva a quei tempi, come si aprivano e chiudevano le finestre e un sacco di altre cose che non capendo una parola ci siamo persi… Li ringraziamo e prima di lasciare questo piccolo paradiso ci fermiamo un attimo ad ammirare il laghetto… l’acqua immobile ci fa vedere due mondi perfettamente riflessi! Dopo aver fatto amicizia con altri due vecchietti che facevano merenda accanto a noi ci dirigiamo verso l’uscita e verso il quartiere di Ueno, dove veniamo travolti dal vociante mercato locale. Nelle bancarelle vendono di tutto, dalle alghe ai giubbotti anni ‘60, da degli enormi polpi (o piovre?) viola ai pupazzetti che cantano e ballano. In un ristorantino mangiamo del sushi (il nostro primo sushi!), molto buono e davvero a poco prezzo, e poi incappiamo in un negozio di gadgets, giochi e manga (con un piano dedicato solo allo Studio Ghibli!) dove ci perdiamo e da cui usciamo con i primi acquisti-trofeo da portare a casa. Con la Metro (… o “Tokyo-Mètoro”, come ripete in giappo-inglese la voce dell’altoparlante…) ci dirigiamo quindi verso Shinjuku, e facciamo una tappa per visitare il quartiere di Kabukicho. Da qui ci spostiamo verso il Metropolitan Government Building da dove, dall’osservatorio al 45° piano, è possibile godere di una super vista panoramica della città. Quando arriviamo è già buio, e dalle grandi vetrate Tokyo sbriluccica sotto di noi a perdita d’occhio… Approfittiamo dei divanetti dell’osservatorio per riposare i piedi martoriati, con una macchinetta (con istruzioni in giapponese!) ci divertiamo a creare un ciondolo con la nostra faccia e poi ci avviamo verso Asakusa. Qui è necessaria, dato che abbiamo parlato della stazione di Shinjuku, una parentesi sulla Metropolitana di Tokyo. C’è da rimanere a bocca aperta: a parte la pulizia, l’ordine e l’efficienza, queste stazioni hanno qualcosa in più: non sembrano stazioni! Sono bellissime, tutte decorate (alcune anche con vere e proprie opere d’arte o reperti da museo), luminose, luccicanti, piene di negozi… e, cosa che abbiamo apprezzato tantissimo, i cartelli con i segnali di “attenzione!” etc. erano tutti pupazzetti o personaggi manga! Una iniezione di buonumore Comunque, tornando alla nostra serata, siamo rientrati ad Asakusa e qui abbiamo cenato nel mini-ristorante di due anziani signori, che ci hanno preparato ramen e riso al curry per soli 500 ¥… buonissimi! Il tutto condito dalla loro gentilezza e dai loro sorrisi… abbiamo imparato subito ad amare cibo e vecchiettini giapponesi insomma!

Tempio Sensoji

Sabato, 7 Dicembre 2013

Questa mattina l’abbiamo voluta dedicare ad un’altra cosa che ci affascinava del Giappone: il Sumo. Nel periodo della nostra permanenza il campionato e le gare sono in pausa (anche se poi abbiamo scoperto che c’era una gara proprio quel giorno), ma alcune palestre permettono di assistere agli allenamenti degli atleti: ne approfittiamo e di buon mattino (gli allenamenti iniziano molto presto) ci rechiamo al quartiere Nihonbashi. Qui da una grande finestra che da su una viuzza è possibile (in silenzio, senza disturbare) osservare gli sfidanti che si alternano sul dohyo , mentre gli altri si allenano con dei pesi. Tutto si svolge in un’atmosfera particolare, che incute rispetto e che fa intuire anche a noi profani le origini religiose e la ritualità dei gesti. Ci spostiamo poi per dirigerci ad Akihabara, dove facciamo una passeggiata surreale tra grattacieli coloratissimi, personaggi dei cartoni animati e dei videogiochi che occhieggiano da ogni cartello, enormi negozi di elettronica, statue di supereroi, sale giochi… Akiba, come la chiamano i locali, è il regno degli amanti degli anime, dell’elettronica e del cosplay. Ci allontaniamo dalla chiassosa e colorata Chou dori e con la metro ci spostiamo per andare a visitare il Museo Edo. Qui è ricostruita l’antica Edo, capitale dell’impero. Oltre a numerosi plastici curatissimi e molto dettagliati che raffigurano il palazzo imperiale e la città ci sono delle belle installazioni raffiguranti il teatro tradizionale, gli abiti originali e la vita culturale di Edo. La particolarità del museo è che vi si accede attraverso un ponte in legno, attraversando il quale si ha una panoramica di tutta la struttura. Dopo il museo facciamo una camminata e arriviamo fino al Ryogoku, il tempio del sumo, dove si svolgono i tornei con i più famosi sumotori. Passeggiando per il quartiere abbiamo anche la fortuna di incontrare due imponenti sumotori… e la sfacciataggine di chiedere una foto ricordo con loro! La giornata continua senza pause con la passeggiata a Omote-sando e la visita al Meiji-jingu, il bellissimo santuario shintoista immerso nel verde. L’ingresso con il monumentale torî in cipresso giapponese porta ad un mondo parallelo, che sembra lontanissimo dalla folla e dalle vetrine della vicina via dello shopping. Il fitto bosco attutisce i rumori del traffico e si passeggia in silenzio nel grande viale che porta al santuario. Qui veniamo accolti dagli imponenti alberi di canfora che tanto avevamo ammirato nei documentari, e assistiamo ammirati a due matrimoni tradizionali, con gli sposi seri e composti nei loro kimono da cerimonia, protetti dall’ombrello rosso, e il sacerdote con il particolare eboshi e lo scettro. Ci allontaniamo dal tempio e facciamo una passeggiata per i sentieri della foresta del santuario… finché i morsi della fame non ci ricordano che, presi dalla smania di scoprire, non abbiamo neanche pranzato. Facciamo fuori una bustina di pescetti fritti che avevamo nello zaino e decidiamo di rientrare ad Asakusa, dove facciamo un giro ed infine “pranzo-merendiamo” in un locale molto carino. Prendiamo okonomiyaki, pollo al curry, yakisoba e birra Sapporo… tutto così buono che per l’entusiasmo riusciamo anche a fare i complimenti in giapponese alla signora che ci ha servito: “Oishikatta!”. Rinfrancati dal pasto riprendiamo l’esplorazione e ci dirigiamo ad Odaiba. Con la monorotaia attraversiamo la città ed il bellissimo Rainbow Bridge e raggiungiamo l’isola con due obiettivi: l’onsen Monogatari e il Gundam gigante. Dobbiamo purtroppo rinunciare all’onsen per via di un tatuaggio (non sono ammesse persone con tatuaggi), ma ci consoliamo subito con una delle sette meraviglie del mondo: il Gundam gigante… Una meraviglia di robot (chi come noi è cresciuto con gli anime giapponesi può capire…) alto 18 metri, perfetto, bellissimo, luccicante, che sembrava davvero pronto a partire per difendere l’umanità dai cattivi! Ogni mezz’ora il Gundam si anima, si illumina, si volta a guardarsi attorno con gli occhi laser e dietro di lui su un megaschermo viene proiettato un breve anime. Vale davvero la pena andare a trovarlo! Anche perché a pochi passi c’è una bellissima passeggiata che da sulla baia di Tokyo, con il ponte colorato e i grattacieli illuminati che si riflettono sull’acqua, la ruota panoramica luminosa e la piccola copia della Statua della Libertà che può far pensare per un attimo di essere a New York. Con gli occhi pieni di luci e colori rientriamo verso Asakusa, facciamo un po’ di spesa al 7Eleven sotto casa e crolliamo a letto.

Giardini del Palazzo Imperiale di Tokyo

Domenica, 8 Dicembre 2013

Questa mattina non resistiamo e prima di prendere la metro esploriamo nuovamente Asakusa e il complesso del Senso-ji. Dopo aver passeggiato tra il fumo dell’incenso e aver ammirato i mille angoli suggestivi del tempio ci avviamo verso Shinjuku e i suoi Giardini Imperiali. Il fossato e le grandi mura sono davvero impressionanti, ma di tutta la visita ci hanno colpito soprattutto i Giardini Orientali del Palazzo Imperiale: una meraviglia, un angolo di pace dove i colori dell’autunno in tutto il loro splendore, gli specchi d’acqua su cui si riflettevano le nuvole ed il silenzio rotto solo dagli immancabili corvi ci hanno fatto venire voglia di fermarci un attimo… Dopo aver ammirato da ogni angolazione questo piccolo capolavoro abbiamo proseguito il giro, concludendolo con un gelato e qualche souvenir in un negozietto all’uscita. Da qui ci siamo diretti a Ginza, per una passeggiata veloce, e poi (beata incoscienza!) alla Tokyo Sky Tree, ingenuamente convinti di salire a goderci il panorama… Pessima scelta la domenica di metà mattina! Nonostante la torre sia immensa, di dimensioni difficili non solo da immaginare ma anche da capire quando si è al suo cospetto, i giapponesi ci hanno dimostrato di poterla tranquillamente riempire tutta… all’interno c’era letteralmente il mondo! Negozi, ristoranti, bar, tutti brulicanti di gente… Tempi di attesa per poter salire sulla piattaforma: improponibili: 4 ore e mezzo solo per poter accedere alla fila che ci avrebbe permesso di acquistare il biglietto! (poi chissà quanto tra biglietto ed ingresso…). Quindi a malincuore e rintronati dalla folla abbiamo deciso di rinunciare e dedicare la sera ad altro. Meno male all’uscita a cancellare la delusione ci ha pensato un bellissimo shop Ghibli, dove abbiamo preso una tazza e qualche altra cosina Affamati (sulla torre i tempi erano biblici anche per mangiare) decidiamo di andare a Tsukiji, il quartiere del mercato del pesce, per assaggiare il celeberrimo sushi di Sushi Zanmai. Esploriamo un po’ la zona, scoprendo che qui la carne di balena viene venduta davvero normalmente (i negozietti hanno appesi i poster con i tagli di carne, come da noi quelli suini o bovini), e troviamo anche un minuscolo Sushi Zanmai dove (anche qui! ) facciamo più di mezz’ora di fila per mangiare. Una volta dentro però non c’è da pentirsi: il sushi è davvero superiore a tutti gli altri assaggiati. Prendiamo anche una porzione di tempura, ottimo. Nel locale c’era un gran vociare (a differenza di altri posti dove abbiamo mangiato) e nel momento in cui i clienti entrano i cuochi li accolgono con un urlo (magari erano parolacce, ihihih!), tutti allegri. (poi abbiamo scoperto che dicevano semplicemente “IRASSHAIMASE!!”, “benvenuti!” ). Dopo mangiato concludiamo la serata con una visita al quartiere di Kagurazaka, molto tranquillo e carino. Passeggiata e shopping compulsivo in un negozio “100 ¥”, e poi rientro ad Asakusa. Qui passiamo dai nostri amici vecchiettini per un bel ramen bollente, prima di tornare in hotel e crollare.

Tokyo Sky Tree

Lunedì, 9 Dicembre 2013

E finalmente, la tanto sospirata gita a Kamakura! Questo resterà forse il giorno più bello del viaggio. Ci alziamo presto, prendiamo qualche provvista per una merenda al sacco e partiamo. Arrivati a Kamakura entriamo subito nel primo tempio, o meglio, un complesso zen, il più grande al mondo: Engaku-ji. Qui e per tutto il giorno si respirerà un’atmosfera rilassante, silenziosa e riposante. Tutti i templi sono bellissimi, in legno, circondati da alberi gialli, rossi, arancioni… Incontriamo diversi monaci, e assistiamo ad una preghiera. Ci affacciamo a sbirciare in una sala di meditazione, ci perdiamo nei loro cimiteri inerpicati sulla montagna, salutiamo Jizo, Tanuki e il dio della felicità… E’ una scoperta continua, ed è tutto così bello che nonostante camminiamo senza sosta ci sembra di essere leggeri e riposati. Il nostro obiettivo era il “Sentiero del Daibutsu”, la passeggiata di 3 km che porta al Grande Buddha, quindi dopo uno spuntino con gli onigiri partiamo. La camminata è bellissima: si passa dentro un bosco per tutto il tragitto. In alcuni tratti ci sono case abitate, e in una ci ha fatto riflettere una cosa che da noi sarebbe impensabile: davanti casa c’era un tavolino con due ceste; in una dei limoni, nell’altra monetine, ed un cartello: 1 per 100 ¥. Così, senza nessuno che controllasse Questa fiducia nell’onestà altrui ha continuato a stupirci in molti altri episodi durante il viaggio. La camminata è proseguita tra camelie fiorite, foglie autunnali e alberi con enormi radici che formavano in certi punti dei gradini naturali nel sentiero. Durante il percorso si possono fare deviazioni per visitare numerosi templi. Noi ci siamo fermati nel complesso Zeniarai – Benzaiten Shrine, a cui si accede attraverso una galleria scavata nella roccia. Dall’altra parte un surreale complesso muschioso incastonato nella montagna, dove diverse persone avevano portato le proprie monete… a lavare! Messi i soldi in delle ceste si immergevano in un ruscello dentro una grotta: pare che in questo modo il patrimonio possa raddoppiare o addirittura triplicare il proprio valore. Tutto intorno felci, draghi di pietra nascosti dal muschio, cascatelle… bellissimo. In un angolo troviamo un microscopico negozietto che vende dango, i dolcetti fatti con tre palline su uno spiedino. Decidiamo di assaggiarli e la vecchiettina piccolissima che ce li vende ci invita a consumarli nel suo retrobottega. Ci fa sedere (togliamo le scarpe) sul tatami davanti ad un tavolino basso, ed è molto felice che sappiamo sederci “alla giapponese” E poi, sorpresa! Ci offre il nostro primo vero thè verde da un suo grande bollitore: è bollente, e ha i pezzetti di foglie dentro… buonissimo! E’ stato un momento così bello che decidiamo di farle un regalino per ringraziarla, quindi le lasciamo un piccolo souvenir della Sardegna: lei, microscopica, tutta rugosa e sorridente, comincia a profondersi in inchini e a ringraziarci, e con lei tutti i parenti sbucati da dietro una tendina… ihihih! Il suo sorriso ed il suo thè ci hanno scaldato il cuore per tutto il giorno! Diversi templi e chilometri dopo arriviamo infine al Grande Buddha, il Daibutsu. E’ davvero molto bello, e tutto intorno c’era sempre quella particolare aria serena e silenziosa che ci aveva accompagnato per tutto il tragitto. Dopo aver visto le grandi scarpe del grande Buddha e la grande pancia del grande Buddha dall’interno proseguiamo verso il paese… non senza mille tappe! La strada era infatti costellata da tentazioni. La prima: frittelline di patata viola… una bontà stratosferica! Superate quelle, gli stranissimi polpi pressati (“senbei”, così simili al nostro pane carasau!). Poi come rinunciare al gelato di patate viola? Insomma, abbiamo fatto 50 metri in mezz’ora, eheh… Riusciamo ad uscire dal girone dei golosi e raggiungiamo il centro. Era bellissimo camminare in un posto “normale”, con piccoli negozietti di ferramenta o di alimentari, così diversi dai meganegozi a venti piani di Tokyo! In una viuzza, seguendo il rumore, abbiamo anche trovato una signora che filava con un arcolaio a pedale… Facciamo qualche piccolo acquisto anche qui, sempre accompagnati dai sorrisi gentili e allegri dei negozianti, e poi ripartiamo per Tokyo, dove decidiamo di visitare Harajuku e Takeshita Dori. Romina vorrebbe comprare di tutto ma alla fine ci concediamo solo una crêpe al caramello e ci dirigiamo alla base, ad Asakusa. Qui becchiamo la migliore cena di sempre: in un localino (come sempre con gestori gentilissimi) mangiamo germogli di soia con salsa, katsudon, ravioli al vapore (gyoza), yakisoba e birra Yebisu… anche qui super-oishikatta! Con la panza piena e i piedi distrutti andiamo a letto.

Kamakura

Martedì, 10 Dicembre 2013

La mattina del nostro ultimo giorno in Giappone è piovosa: tanto meglio, è l’occasione per munirsi del tanto sospirato ombrello in plastica trasparente! Il piano della giornata prevede una puntata ai quartieri di Meguro, Shimo-Kitazawa e Roppongi, e un po’ di shopping per gli ultimi regalini. Cominciamo quindi da Meguro: lo raggiungiamo in metro per andare a visitare il piccolo Museo di Parassitologia (deviazione professionale veterinaria). Alla stazione una bancarella vende dei paninetti bellissimi, con la faccette di porcelli, panda, gatti… prendiamo un maialino senza neanche sapere cosa c’è dentro e ci avviamo (lo mangeremo più tardi: era buonissimo!!!). Prima del Museo ci fermiamo a visitare un piccolo tempio immerso tra i palazzi. Da lì il Museo è vicino, ma non riusciamo a trovarlo quindi chiediamo indicazioni: una signora per farsi capire ci fa addirittura un disegnino del tragitto, con tanto di punti di riferimento! Lì vicino poi un altro signore, vedendoci indecisi, indovina cosa cerchiamo e ci accompagna direttamente (il tutto interamente a gesti!). Ma i giappo non ci stupiranno solo per la gentilezza: stavamo per scoprire una cosa inimmaginabile per un italiano… Il Museo nullo-gestito! Nel museo infatti non c’è neanche un impiegato: chi desidera visitarlo può entrare liberamente. E’ anche possibile acquistare dei souvenir (testi di Parassitologia, simpaticissime magliette con i vermi solitari, l’irrinunciabile portachiavi con la pulce…): sono tutti esposti. Basta prenderli e lasciare i soldi. Siamo usciti più sbalorditi da questa gestione “sulla fiducia” che non dalla tanto sospirata tenia lunga 8 metri! Lasciamo questa meraviglia dell’onestà e torniamo verso la stazione. Il tragitto è disseminato di ristorantini invitanti (tutti invitanti tranne quelli che cucinavano pesce palla!), ma abbiamo una tabella di marcia inflessibile quindi resistiamo e torniamo ad Asakusa, dove ci aspetta una sessione di shopping disperato nelle viuzze attorno al Senso-ji. Tra un acquisto e l’altro sgranocchiamo, pilucchiamo e becchettiamo a destra e sinistra tutti gli snack offerti dalle bancarelle: dei crackers di riso gustosissimi, takoyaki e dei ravioloni (baozi) comprati in una bancarella in una via piena di Tanuki. Carichi come muli di regali (e menomale che l’ennesima vecchiettina impietosita dai nostri mille sacchetti ci aveva dato un grande bustone dove mettere tutto!) rientriamo un attimo in hotel per poggiare il bottino. Ripartiamo subito alla volta di Shimo-Kitazawa. Gironzoliamo nel quartiere, molto carino, e approfittiamo per assaggiare in rapida sequenza una strana e deliziosa frittella farcita con curry (kare-pan) buonissima e una torta panna e fragole strabuona (ce la danno dentro una scatolina da viaggio, perfettamente confezionata perché non si spiaccichi! Troppo in gamba questi giappo ). E’ sera e ci accorgiamo con orrore di non aver ancora visto la Tokyo Tower: quindi gambe in spalla, metro e andiamo a Roppongi. La torre è già chiusa, ma la ammiriamo ugualmente brillare. Nonostante sia alta praticamente come la Tour Eiffel (che a Parigi ci era sembrata enorme) qui, ormai assuefatti alle altezze vertiginose dei grattacieli, non ci impressioniamo più di tanto. E’ molto bello il contrasto tra la Torre, rossa e luminosa, ed il complesso del tempio di Zojoji che c’è praticamente sotto. Stando nel piazzale del santuario, buio e vuoto di notte, fa una strana impressione vedere i tetti di legno all’insù circondati da una corona di grattacieli e dalla torre. Un insieme apparentemente stonato che invece ha una sua surreale armonia. Ormai è mezzanotte, e guidati dagli immancabili brontolii delle nostre pance (onnipresenti data la felice combinazione tra camminate bruciacalorie, ristorantini o bancarelle solletica-appetito ad ogni passo e incredibile bontà di ogni cosa che assaggiamo) torniamo ad Asakusa, dove mangiamo ramen bollenti e riso al curry. In hotel avrà poi luogo la cernita dei regali e la difficile impresa di far entrare tutto in valigia… ombrello nuovo compreso! Dopo un lavoro di incastro da maghi del Tetris, con le valigie pronte, ci rendiamo conto che il nostro viaggio è quasi finito… e crolliamo come ogni sera.

Mercoledì, 11 Dicembre 2013

Ed eccoci alla nostra ultima mattina! Abbiamo il tempo di prepararci con comodo e fare un po’ di provviste per pranzo; poi lasciamo l’hotel e alla stazione prendiamo il Keisei Access Express che ci porterà in aeroporto. Ci consola solo il proposito di tornare presto… Ci sono così tante cose che non siamo riusciti a fare! In volo salutiamo quindi un incredibile monte Fuji che emerge dalle nuvole, azzurrino e solitario, e cominciamo a fantasticare di hanami, kabuki, incontri di sumo, padiglioni d’oro… Giappi, torneremo presto! PS: Il nostro viaggio non sarebbe stato così perfetto ed organizzato senza il preziosissimo aiuto di Fabrizio Montoleone del sito “Giapponepertutti”, sempre disponibile e prodigo di consigli utilissimi. Grazie infinite!!!

Autore e foto

Romina Sedda e Gianpiero Casu